Intel prepara già l’aumento di prezzo delle CPU in programma questo stesso anno
Alcuni processori della Intel potrebbero cambiare di prezzo con incrementi fino al +20%.
Intel sta già preparando un aumento dei prezzi per le sue CPU e i suoi microchip, in programma per fine 2022. La società starebbe già informando i clienti e l’aumento dei prezzi in questione dovrebbe poi riflettersi anche su un incremento dei prezzi di computer portatili e desktop proprio durante il periodo natalizio.
Questo rincaro potrebbe arrivare fino al +20% per alcuni componenti, ma la notizia non è di certo una completa sorpresa, visto che ad inizio 2022 Intel aveva già fatto sapere che progettava alcuni aumenti di prezzo. La ragione dietro questa decisione, secondo quanto è noto al momento, sarebbe legata all’aumento dei costi di produzione di alcuni microchip e all’impatto dell’inflazione sull’ambiente economico in generale.
13% di consegne di computer in meno
Così, l’annuncio dell’aumento dei prezzi arriva quando le consegne di pc hanno già perso un 13% nel corso dell’ultimo trimestre. Da Gartner fanno sapere che si tratta della contrazione più marcata degli ultimi anni ad aver colpito il marcato globale dei pc.
Le ragioni sembrerebbero essere l’incertezza internazionale, i conflitti geopolitici, le difficoltà nella catena di produzione e l’instabilità economica, con un impatto complessivo che interessa tutte le regioni del pianeta.
Dall’altro canto, la situazione di insufficienza di componenti sembrerebbe giunta al termine, buona notizia che si colloca in un periodo contraddistinto dal calo nella domanda di Chromebook, che soprattutto nei primi mesi di pandemia si è decisamente imposta sul resto.
La tempesta perfetta
L’intreccio di aumenti nel prezzo di energia, combustibili e generi alimentari, con il fatto che ora la gente non trascorre più molto tempo in casa come durante i duri lockdown o i momenti più complicati dell’ondata pandemica ha contribuito a frenare, dapprima, e contrarre, poi, il mercato dei pc.
Dopo due anni di crescita in Europa, Africa e Medio Oriente, le performance negative raggiungono il 18%, anche se bisogna includere nel ragionamento l’impatto legato al conflitto russo-ucraino, che ha portato alla cancellazione totale delle operazioni nel mercato russo che rappresentavano un 5-10% delle vendite totali nell’area EMEA.