L’UE potrebbe paralizzare il mining di criptovalute in caso di emergenza energetica
Il pacchetto di misure della Commissione Europea ha come obiettivo il risparmio energetico, la diversificazione delle forniture e l’accelerazione della transizione verso l’energia pulita.
La crisi energetica potrebbe avere una nuova vittima: il mining di criptovalute.
Per via della confluenza tra l’aumento del prezzo dell’energia, ormai un trend che ci accompagna da qualche mese, e la gran quantità di fonti energetiche che richiede il mining di criptovalute, la Commissione Europea ha reso nota la possibilità di adottare misure che potrebbero paralizzare le attività di mining in caso di emergenza energetica.
Le potenziali misure del piano d’azione sono state pubblicate dalla Commissione nel documento “Digitalising the energy system” che ha come obiettivo il risparmio energetico, la diversificazione delle forniture e l’accelerazione della transizione verso l’energia pulita da parte di tutta l’Unione Europea.
Etichette, esenzioni e protocolli
All’interno di questo regolamento sul consumo energetico, si inserisce il settore tecnologico delle criptovalute, con l’idea di introdurre “un’etichetta di efficienza energetica per la blockchain” oltre la possibilità di paralizzare l’attività del settore in caso di emergenza energetica. La ragione sarebbe l’elevato consumo di energia richiesto dal settore che contribuirebbe al salire dei prezzi.
All’interno delle misure annunciate si troverebbe anche la fine alle esenzioni fiscali che alcuni stati membri dell’Unione Europea hanno e che agevolano il mining di criptovalute.
Il rapporto della Commissione comprende una serie di dati, tra cui quello per cui il consumo energetico dei processi legati alle criptovalute è raddoppiato in appena due anni, raggiungendo ora lo 0,4% del consumo totale di energia elettrica. La Commissione raccomanda il ricorso ad un meccanismo come il Proof-of-Stake, con un consumo decisamente inferiore al Proof-of-Work.